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martedì 13 gennaio 2009

Tibet, Ossezia, Gaza. Tre paesi, tre misure, una strategia

Tibet? Tibet? Ma non era finita la storia del Tibet? Non si sono poi messi d’accordo?

No, la storia del Tibet non è cambiata di una virgola, anzi è completamente cambiata. Nel senso che…

Facciamo un passo indietro.

Dunque, la Cina sta preparando le olimpiadi, un paio di monaci partono a piedi da Dharamsala per portare a Beijing un messaggio di pace…

Intanto a Lasha, al termine di una manifestazione pacifica per una maggior autonomia, scoppiano una serie di incidenti che culminano con gravi scontri con la polizia, il saccheggio di numerosi negozi, l’incendio della moschea e il linciaggio di commercianti cinesi, soprattutto musulmani. Viene applicato il coprifuoco, l’esercito e la polizia cinese rastrellano la cittá alla ricerca dei responsabili. Seguono numerosi arresti. Sui giornali di tutto il mondo rimbalzano notizie contraddittorie che vorrebbero testimoniare eccessi da una parte e dall’altra accompagnate da immagini che vengono puntualmente smascherate come false o scattate in altri luoghi o in altri tempi. La protesta indignata si leva unisono in tutti gli angoli del mondo. Il passaggio della fiaccola olimpica è accompagnato da episodi eclatanti tanto da dover viaggiare blindata su quasi tutto il percorso. Un paio di boy scout statunitensi srotolano striscioni di protesta a Pechino giusto il tempo per permettere ai rappresentanti della stampa internazionale di fotografarli e venderli a modello della protesta montante contro il regime autoritario e illiberale di Beijing. Si appendono bandiere alle finestre, si organizzano convegni, concerti di solidarietá e via via tutto lo strumentario delle grandi occasioni.

Arriva la sera dell’apertura dei giochi. Lo spettacolo offerto è semplicemente mozzafiato. Il Tibet finisce dimenticato, Sua Santitá il Dalai Lama sparisce dai notiziari, si contano le medaglie. Panem et circensis. La Cina ha vinto. Le vittime linciate dalla folla o colpite dai proiettili della polizia? Registrate e inserite nel raccoglitore per l’archivio. La vita e la morte nient’altro che un numero di riferimento in un registro di un ufficio governativo. Tot morti, tot arresti, tot dollari, vinto, perso, archiviato.

Per l’Ossezia il discorso è piú complesso.

All’inizio c’è la disgregazione dell’impero sovietico e il petrolio caucasico rimasto per decenni a riposare praticamente dimenticato. Chi metterá le mani su queste riserve è il punto cruciale di un nuovo “gran gioco” che vedrá in campo tutto lo strumentario della guerra nascosta e spietata fra gli attori di questa ennesima tragedia. Il documento CIA-OTI* IR 98-211, 23 ottobre 1998 (Central Intelligence Agency - Office of International Issues) ci permette uno di dare uno sguardo a quelle che sono le ragioni vere del conflitto regionale. Il documento stima che gli investimenti delle multinazionali nella regione fino al 2015 saranno di 10 miliardi di dollari l’anno. Le incertezze degli estensori del documento riguardano (riguardavano) la possibilitá che un prezzo del greggio troppo basso avrebbe scoraggiato gli investimenti. Notoriamente, l’impennata del prezzo dello stesso, ha riversato nelle casse delle societá coinvolte miliardi di plusvalore. L’altro punto dolente restava la capacitá di poter esportare il greggio estratto verso i mercati delle nazioni interessate all’acquisto. A questo proposito gli esperti della CIA scrivono nel loro rapporto che, fatta salva la stabilità politica della regione, sará necessaria la costruzione di una, massimo due, pipeline atte allo scopo, anche se, scrivono sempre gli esperti, probabilmente non ci sará abbastanza petrolio da usufruire al pieno delle capacitá di trasporto. Non importa, continua il documento, “se la pipeline incoraggiata dagli USA (Baku-Tblisi-Cehylan, N.d.A.) non dovessero raggiungere lo scopo di andare pari passi con la produzione del greggio, gli iraniani e i russi sarebbero nella posizione di poter assolvere questo compito nel medio e nel lungo termine”. La Georgia e la ribelle Ossezia diventano essenziali pedine geostrategiche di questa ennesima messinscena. Nel marzo del 1999, un’esercitazione chiamata “Geneva Game ‘99” che faceva parte del piú vasto “US Naval War College International Game Series” e condotta presso il “Geneva Center for Security Policy“, alla quale hanno partecipato cinquanta ufficiali di medio livello, diplomatici e personale civile di 25 Paesi della NATO/ Partnership for Peace (PFP) e la Bosnia e L’Erzegovina, ha simulato un contesto politico-militare nel quale un “grave disastro umanitario” nella Georgia rendeva necessario “l’invio di soccorsi umanitari in un periodo di cambio di governo e instabilitá politica”. L’esercitazione è proiettata a dieci anni piú tardi: il 2008, anno in cui il burattino Saakashvili bombarda Zchivali. Saakashvili si sente sicuro, forse grazie al cosiddetto “EU/Georgia Action Plan” che gli garantisce la protezione dell’Unione Europea o forse grazie alla manovra militare chiamata “Immediate Response” che ha visto impegnati a metá luglio1200 militari americani e 800 militari georgiani o forse grazie ai mille consiglieri militari israeliani presenti sul territorio georgiano. Di fatto, dopo la reazione decisa delle truppe russe, fará la fine di un Rigoletto qualunque, abbandonato al suo destino dai suoi padroni come altri prima di lui. Alla fine sono arrivati i “soccorsi umanitari” che hanno portato nel paese ancora piú “consiglieri”, finanziamenti (debiti), lacci e laccioli che faranno della Georgia un vassallo remissivo e fedele almeno fino a quando la “missione olio caucasico” sará “accomplished”.

Le vittime di questa guerra? Registrate e inserite nel raccoglitore per l’archivio. La vita e la morte nient’altro che un numero di riferimento in un registro di un ufficio governativo. Tot morti, tot arresti, tot dollari, vinto, perso, archiviato.

Gaza è, nella sostanza, l’ultima puntata in ordine temporale dello stesso gioco. La puntata ha ovviamente un titolo diverso poiché dobbiamo credere che si tratti di un episodio diverso, ma gli attori dietro le quinte sono sempre gli stessi. Intanto, dietro le quinte c’è un conflitto arabo-persiano di cui conosciamo poco. L’Iran, con le sue riserve di petrolio a sud del paese e con le pipeline che lo attraversano da nord a sud, ha giustificate ambizioni da global player. Giá negli anni sessanta lo Sciá Mohammad Reza Pahalevi aveva assolto in compagnia della moglie Farah Diba, un tour in occidente alla ricerca di alleati e partner per un ambizioso progetto di sviluppo industriale che doveva comprendere la costruzione di numerose centrali nucleari. La “rivoluzione islamica”, guidata dall’Ayatollah Khomeini metterá fine all’idillio fra lo scià e gli alleati statunitensi. La cosa non piace né agli americani né ai loro amici arabi “moderati”. Saddam viene manovrato in una guerra lunga e sanguinaria con lo scopo di fermare la rivoluzione islamica. A guerra finita (senza sostanziali cambiamenti) Saddam, che vuole essere ripagato per i suoi sforzi bellici, viene attirato nella trappola del Kuwait e, otto anni piú tardi, in Irak viene esportata la democrazia alla ricerca delle armi di distruzione di massa. Saddam fará la fine di un Rigoletto qualunque, abbandonato al suo destino dai suoi padroni come altri prima di lui. In questa regione disgraziata, lo Stato di Israele gioca il ruolo fondamentale di alleato della politica anglo-americana. Armato fino ai denti, possessore delle migliori tecnologie militari, protetto dal miglior servizio segreto del mondo, dotato di risorse finanziarie praticamente illimitate, Israele è in grado di fornire qualsiasi tipo di informazione a proposito di qualsiasi partecipante del gioco, condurre qualsiasi tipo di operazione militare convenzionale o asimmetrica, entrare ed uscire da qualsiasi porta che protegge i segreti e le strategie dei potenti locali. A secondo del momento e delle strategie, Israele è alleato rispettato o avversario temuto, non solo da arabi e persiani, ma anche dell’opportunismo europeo ed occidentale. Va da sé che qui si giocano partite, finte, tattiche in un intreccio difficile da interpretare. Mentre i giornali di tutto il mondo pubblicavano le fotografie degli aerei dirottati dai fedayn palestinesi, le segreterie dei partiti, da quella socialista di Craxi a quella democristiana di Andreotti e Moro, trattavano con gli emissari di Arafat l’immunità dei suoi corrieri sul territorio italiano. Dopo la prima e la seconda intifada, mentre da una parte Israele cerca con ogni mezzo di contrastare l’ascesa dell’OLP a ruolo di interlocutore internazionale dei palestinesi, dall’altra chiude uno o anche tutte e due gli occhi nei confronti della forza nascente di Hamas che raccoglie nelle proprie fila gli irriducibili e gli scontenti verso la politica di conciliazione dell’astro nascente Mahmoud Abbas (Abu Mazem). Anche se esistono “tabelle di marcia ” di chi finanzia chi, è probabile che la manovalanza del conflitto (Hamas, OLP, Hizbollah, Jihad Islamica) siano tanti arlecchini, al servizio di due o piú padroni. La “gloriosa lotta del popolo palestinese” nient’altro che fumo negli occhi, come la “gloriosa lotta del popolo tibetano” o la “gloriosa lotta del popolo osseta”.

Le vittime di questa guerra? Registrate e inserite nel raccoglitore per l’archivio. La vita e la morte nient’altro che un numero di riferimento in un registro di un ufficio governativo. Tot morti, tot arresti, tot dollari, vinto, perso, archiviato.

Forse un giorno questi conflitti di confine, come li chiamava Orwell, non appagheranno piú i manovratori seduti negli uffici governativi dell’Europa, degli USA, della Russia e di chissà dove e allora si arriverá al conflitto vero, aperto, decisivo e sará l’ecatombe. Oppure gli uomini, anche quelli seduti su comodi divani di pelle e circondati da raffinatissime cortigiane, rinsaviranno e scopriranno che la civiltá umana, pure nella diversitá delle sue culture, religioni, lingue e interessi, è una.


Salve questo post mi è stato segnalato dal suo autore IlDerviscio, io l'ho letto e ritengo opportuno farlo leggere anche a voi perchè le sue parole fanno riflettere.

Per la Palestina

Invito chiunque legga il mio blog per caso o per abitudine a partecipare a questa manifestazione!!
Per maggiori info forumpalestina
Indymedia Roma

La partenza della manifestazione è sabato 17 gennaio, ore 15.30 a Piazza Vittorio (vicino la stazione Termini)
conclusione a Piazza di Porta Capena (Circo Massimo).
Il percorso sarà S. Maria Maggiore, Via Cavour, Colosseo, Porta Capena

Dalla Grecia


Come estendere la lotta?

I greci sono stupefatti all’idea che in diverse citta’ italiane gli anarchici si contino sulla punta delle dita. Non conoscono una repressione cosi’ forte come accade dale nostre parti, e non hanno avuto il ruolo storico della sinistra nel fomentare la divisione tra “violenti” e “pacifici”.

La gente comune qua ha imparato a credere a quello che vede con i propri occhi, e mentre in dicembre gli anarchici incappucciati lanciavano Molotov alla polizia anziane signore solidarizzavano dagli edifici lanciando fioriere, seggiole e addirittura tavoli sulla polizia!

Solidarieta’ di strada. Mentre si sta distruggendo una stazione della metropolitana, i passanti passeggiano noncuranti. E’ superata la falsa questione della violenza. Dopo la sparatoria al poliziotto, e l’innesto della strategia della tensione, si poteva immaginare tutta un’altra reazione da parte della gente: ma per le strade di exsarchia gli abitanti del quartiere hanno ribadito che la logica del terrore non prendera’ piede e sono scesi per le strade… non contro il terrorismo come i sinistri sono soliti fare in italia, ma per mandare via la polizia che presidiava il quartiere.

La questione principale da noi parrebbe la chiusura e l’isolamento nel ghetto, la mancanza di uno spazio aperto di discussione, che in effetti e’ la cosa che piu’ sorprende in grecia. Non trasformare l’anarchismo in un’ideologia, ma vivere la teoria e pratica anarchica sul terreno su cui pone le sue basi: la rivolta sociale. Questa e’ la scommessa.

La pratica della rivolta aperta all’esistente, come e’ stata affermata in dicembre ad Atene, da i suoi frutti e oggi si puo’ entrare liberamente nella sede del principale sindacato dei giornalisti, occupato da 3 giorni. C’e’ chi dorme, chi scrive, chi ciclostila volantini.

Se nel frattempo i medici stanno organizzando l’occupazione di ospedali con assemblee aperte, e si vive un fermento sociale, questo e’ un effetto della societa’ in rivolta. Ma perche' sia l’intera societa’ a rivoltarsi il messaggio e’ aperto e esce fuori dalla logica dei gruppetti.

La presenza di giornalisti e avvocati alle manifestazioni, e tra breve una manifestazione di giornalisti per le strade di atene, e’ un altro tassello che in Italia pare impensabile. Eppure giornalisti e avvocati sono sempre giornalisti e avvocati, pure qua.
Sara’ la radice greca del termine anarchia che ne fa un concetto di cui ognuno e’ in grado di appropriarsi?
Gli anarchici si sono guadagnati il rispetto della gente comune. E al blocco anarchico nella manifestazione studentesca del 9 partecipavano in tantissimi.

Spiego ai compagni greci che in Italia l’affermarsi di pratiche di leadership, autoritarie e’ il principale problema che spezza le gambe al movimento. Racconto che da noi il “protagonismo” e’ merda proclamata a gran voce da decine di centri sociali che cercano le luci della ribalta, dello spettacolo, e alla fine cercano posizioni di potere.
L’unica maniera che avremo in Italia di far ripartire un percorso di contestazione aperta all’esistente e’ spazzare via il campo dai capetti, gerarchi, che infestano le citta’, le assemblee, che formano scuole quadri per futuri gestori di potere dentro le scuole, che gestiscono centri sociali timbrando la gente all’ingresso e vendendo merce come in qualsiasi bar.

Non ci possono credere qua che in Italia non esistano assemblee dove la gente provi ad esprimere le proprie istanze. Il modello italiano e’ troppo sottomesso agli autoritarismi dei leader, generalmente di sinistra, per esprimere una pratica anarchica aperta e diffusa…

Quando nelle assemblee popolari in Italia non vedremo piu’ garrire le nefaste bandiere dei sinistri? Quando la gente smettera’ di aver fede negli strumenti del potere? Sara’ una dura lotta quella di proporre un contesto radicalmente differente a quello cui siamo abituati. Ma pare l’unica possibilita’ quella di estirpare alla radice ogni traccia che porti al mondo conosciuto, che conosciamo troppo bene, e che ci autoreprime quotidianamente.

Ciao a tutti/e ho trovato questo post sul blog DALLAGRECIA e voglio farvelo leggere.

Vittorio Arrigoni sotto tiro

Un sito sionista chiede di uccidere Vittorio Arrigoni!

Vittorio Arrigoni è il cooperante italiano residente a Gaza che in queste settimane sta fornendo testimonianze preziose su quanto sta avvenendo nella Striscia, sia attraverso il quotidiano Il Manifesto sia attraverso il suo blog. Per un sito, evidentemente criminale, che va immediatamente denunciato ed oscurato, che si intitola http://stoptheism.com, Vittorio Arrigoni è indicato come il bersaglio numero uno da uccidere. Avete capito bene, da uccidere. Di lui e di altri cooperanti,

Jenny Linnel (bersaglio numero due) Ewa Jasiewicz, bersaglio numero 3, e una lista di altre persone, sono pubblicate foto e dettagli e segni particolari per poterli identificare e viene fornito perfino un numero di telefono negli Stati Uniti per poter segnalare all'esercito israeliano l'eventuale avvistamento e come poterli eliminare.

La Polizia postale e la Farnesina devono immediatamente attivarsi presso le autorità estere competenti perché chiunque si celi dietro il sito venga identificato e il sito oscurato. Ad una ricerca sul database del servizio Whois per il dominio in questione non è possibile ottenere alcuna informazione rilevante per identificare gli istigatori all'omicidio.

NOTIZIA PRESA DA FORUMPALESTINA

Palestina

Ciao a tutti/e le parole fanno sempre più fatica ad uscire, ciò che sta succedendo in palestina è l'ennesimo tassello di follia che pervade l'umanità in questi nefasti tempi. Riprendo a scrivere sperando ancora che qualcuno si stia realmente rendendo conto che siamo in mano a dei pazzi omicidi e sadici!!!!
In Palestina c'è in atto un GENOCIDIO eseguito dai soldati israeliani, comandato dal governo israeliano e avallato dal solito silenzio dei governi europei.

Io vivo in europa qui si muore di solitudine, qui si muore di troppo cibo, qui si muore per troppe medicine, qui si muore per troppo benessere, qui si muore di psicofarmaci, qui si muore di nulla; io vivevo in Palestina sono morto ad otto anni sotto un bombardamento, qui si muore, qui si muore, qui veniamo uccisi, qui veniamo assassinati, qui qualcuno ha deciso che dobbiamo morire scomparire dalla faccia della terra e se ci difendiamo veniamo chiamati terroristi.
IO MI CHIEDO QUANDO SARà CHE L'UOMO POTRà IMPARARE A VIVERE SENZA AMMAZZARE!!!!!!!

lunedì 12 gennaio 2009