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lunedì 9 marzo 2009

Social Card


Social card: chi ci guadagna davvero?


http://www.altroconsumo.it/

Il ministero dell'Economia ha presentato la social card, tesserina magnetica prepagata che era già stata annunciata la scorsa estate e che dovrebbe avere funzione di supporto per i meno abbienti. I soldi contenuti nella social card possono infatti essere spesi per pagare le bollette di luce e gas, e per comprare generi alimentari presso i negozi convenzionati che espongono l'apposito cartello. Ma ben pochi ne beneficeranno, e il costo per lo Stato va ben al di là di quel che finisce nelle tasche dei cittadini.

Pensionati: solo redditi inferiori ai 6.000 euro all'anno
Intanto partiamo da chi ne beneficerà: gli over 65 enni e le famiglie con bambini con meno di 3 anni.


Per i primi il provvedimento vale per chi singolarmente guadagna al massimo 6.000 euro (8.000 per gli over 70), considerando tra questi tutti i redditi, anche quelli assistenziali che generalmente non sono considerati ai fini fiscali. Ma attenzione, l'Isee (il documento che certifica la situazione reddituale della famiglia) prodotto dalla famiglia di cui si fa parte deve essere di 6.000 euro. Di conseguenza parliamo, ad esempio, di famiglie in cui due pensionati guadagnano complessivamente al massimo 723 euro netti al mese, che diventano ben 923 euro se hanno un figlio a loro carico. Ma c'è sempre un "ma" per lo Stato: oltre ai vincoli delle utenze che possiamo capire, la persona deve possedere al massimo una casa, che per non modificare l'Isee deve essere entro i 51.000 euro di valore catastale, un conto corrente con al massimo 15.000 euro di risparmi e un'auto. Ma attenzione, se la famiglia possiede un box, perde il diritto alla social card.

Ammesso e non concesso che con la categoria catastale C7 (tettoie), il Ministero intendesse la C6, quella tipica dei box, comunque non capiamo la precisazione, visto che si tratta sempre di immobili a uso non abitativo.

Famiglie con bambini: fino a poco più di 1.100 euro di reddito se si è in quattro
Le famiglie con bambini con meno di 3 anni, che possono beneficiare di una ricarica della social card per ogni figlio, non se la passano comunque meglio. Non c'è più il limite di reddito personale di 6.000 euro, ma per ottenere la social card (famiglia di quattro persone) non bisogna guadagnare più di1.131 euro netti al mese totali.

Ovviamente se si ha ancora un mutuo da pagare o si è in affitto i redditi netti riescono a essere un po' più alti grazie al valore Isee che si abbassa.

Solo in pochi negozi (e non nella grande distribuzione, meno cara)
La social card è utilizzabile per pagare le bollette di luce e gas e per comprare prodotti alimentari nei negozi convenzionati.

Il vero problema è che, come ha riconosciuto anche il Governo, solo il 5% dei commercianti ha aderito all'iniziativa, forse perché la paura dei tempi biblici (in media 200 giorni) di rimborso dello Stato ha giocato un ruolo fondamentale nella decisione.

Inoltre, le categorie merceologiche individuate dal Ministero sono limitate a panifici, latterie, macellerie, spacci, drogherie e supermercati (quindi piccole catene), dove i prezzi medi non sono certo quelli delle grandi catene di distribuzione. Questo vincolo di categoria limita di molto la possibilità di utilizzo, soprattutto per i pensionati, che hanno poche possibilità di spostamento: di conseguenza il reale utilizzo viene limitato al pagamento delle bollette, che garantisce (è un caso?) il maggior ritorno in termini di Iva e accise allo Stato.La scelta della tessera di plastica, poi, è stata giustificata dal Ministero per riconoscere agli utilizzatori sconti sulla merce, tuttavia, essendo i prezzi medi degli esercizi convenzionati mediamente più alti, gli sconti di fatto produrrebbero nel migliore dei casi solo un livellamento dei prezzi a quello già normalmente praticato dalle grandi catene.

Il costo per lo Stato: non tutto va ai cittadini
Il Ministero ha detto che allo Stato la social card costerà 450 milioni di euro annui a regime e che ne beneficeranno 1,3 milioni di italiani. Quindi, poiché entro dicembre daranno la prima tranche di 120 euro, i conti sono presto fatti: il costo entro dicembre è di 156 milioni di euro. In pratica, entro dicembre 2009 il Governo stima di spendere 606 milioni di euro per la social card. Che sono coperti da stanziamenti dello Stato ancora in fase di discussione per 650 milioni e da 200 milioni già donati da Eni e dai 50 milioni donati da Enel. Questi ultimi due soggetti in realtà daranno la possibilità allo Stato di recuperare parte degli investimenti grazie a quello che i consumatori spenderanno con la social card per pagare le bollette di luce e gas, sulle quali come ben sappiamo l'incidenza dell'Iva e delle accise è decisamente elevata. Ma la social card non è a costo zero per lo Stato, infatti, oltre a quello che finisce nelle tasche dei pochi italiani che rientrano tra i meritevoli di aiuto, ci sono i costi relativi allo strumento stesso.

Parliamo dei costi di produzione della tessera, di circuito, di pagamento e di ricarica. La produzione fisica della tessera costa circa 50 centesimi a pezzo (costo fornito dagli emittenti), quindi già 650 mila euro sono stati utilizzati. Il circuito di pagamento chiede una percentuale all'esercente, che in media è circa del 2% del pagamento stesso. Quindi, auspicando a una compartecipazione dell'esercente alla spesa, sono, a essere ottimisti, altri 6 milioni di spesa statale. Per quanto riguarda la ricarica, le commissioni normalmente applicate dalle Poste non sono certo esigue perché ammontano a 1 euro a ricarica. Quindi per ogni carta sono 6 euro annui che lo Stato dovrebbe pagare: in ogni caso, applicando ad esempio un costo di 10 centesimi a ricarica, lo Stato comunque versa a Poste italiane circa 800 mila euro in un anno.

Tirando le somme, senza considerare i costi delle lettere inviate agli italiani (ancora una volte le Poste ringraziano), circa 7,5 milioni di euro si perdono lungo il tragitto che porta i 40 euro al mese nelle tasche delle famiglie. Sarebbe stato meglio un trasferimento diretto, tramite pensione o busta paga.



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Mancano i 120 euro di accredito su oltre un terzo delle tessere distribuite ai cittadini

La grande beffa della social card Una su tre è senza soldi

di ANTONELLO CAPORALE preso dal sito http://www.repubblica.it/

ROMA - Si dice: morire di vergogna. "Avevo il Dixan in mano, anche una confezione di orzo e una scatola di tonno ma mi è venuto un presentimento: vuoi vedere che non funziona? Allora ho preso la tessera e ho chiesto alla commessa di digitare i numeri, io non vedo bene. Non era stata caricata. Avevo i soldi stretti nell'altra mano, già tutti contati, e glieli ho dati e così è finita. Non l'ho più usata". Maria Pia, 67 anni, è fuggita via dal supermercato di Viareggio rossa in viso, e meno male che non c'era nessuno in fila. Comunque in quel supermercato non ci tornerà più.

La tessera di Tremonti è di un bel azzurro sereno. Come il cielo di Forza Italia, quello di una volta. Un tricolore ondulato la attraversa da sinistra a destra e sembra la scia delle mitiche frecce. "E' anonima naturalmente per non creare imbarazzo", commentò Silvio Berlusconi il giorno dell'inaugurazione della campagna dei 40 euro mensili ai bisognosi d'Italia.

Anonima. Infatti ieri, supermercato Sma di Roma, commessa indaffarata alla cassa, signore anziano in fila: "Ha per caso la social card?". Il no è asciutto e risentito. "Scusi, ma era per capire come pagava".
Lusy Montemarian non ha pagato, anzi è scoppiata in un pianto dirotto quando le hanno comunicato, come fa il medico alla famiglia del congiunto morente, che non ce l'aveva fatta. Un pianto raccolto da una microtelecamera di "Mi manda Raitre" e unito ad altri pietosi casi. Un mattone sull'altro, e un altro ancora. Alla fine si edifica questo incredibile muro della vergogna che attraversa la penisola e la trafigge senza colpa.

La Social Card, il circuito Mastercard. Protagonisti di una favola. Una strisciata e via. La pensionata indigente che alla cassa del panificio, come la donna chic di via Condotti, apre il borsello, non tocca i soldi sporchi, ma sfila la carta di credito. Un secondo magnetico. Se la carta è piena. Se è vuota - e lo sono un terzo delle circa 500 mila distribuite - la pensionata deve restituire il pane e ritirare l'umiliazione pubblica.

Era il 19 giugno, era estate, e il ministro Giulio Tremonti annunciava una vecchia novità: la carta di credito per i poveri. Vecchia perché l'aveva pensata Vincenzo Visco, nell'arcaico '97: sconti sulla spesa, sugli affitti, sui beni di prima necessità. Vecchia perché l'aveva apprezzata Ermanno Gorrieri, comandate partigiano, fondatore del movimento Cristiano Sociali. Gorrieri è morto nel 2004. Nel 2008 è Tremonti a presenziare e presentare la svolta: una manovrina da 450 milioni di euro, 200 coperti dall'Eni, 50 dall'Enel, altri dalla Robin Tax. Togliere ai ricchi, dare ai poveri: 40 euro al mese, 80 euro accreditati ogni due mesi. Per un anno intero. Quattro mesi di annunci, di serrata organizzazione. Pronti. Si parte il primo dicembre. Attenzione: chi conserva 15 mila euro, in banca o alla posta, pensionato o disoccupato, non ha diritto alla carta di credito dello Stato.

Sono in 520 mila a dicembre a chiedere la social card, pensionati con reddito dai 6 mila euro agli 8 mila, coppie di anziani, famiglie con figli a carico, non oltre i tre anni però. Con una sola casa di proprietà, un'automobile e un'utenza elettrica attiva. In fila, per ore, davanti ai 9 mila uffici postali. Perché chi completava le pratiche entro il 31 dicembre, aveva diritto a 120 euro (ottobre, novembre e appunto dicembre) di partenza. Una corsa verso il nulla. Perché il 30 dicembre, con ottimismo natalizio, l'Inps - che doveva accertare il reddito - dichiarava di aver ricaricato 330 mila tessere. Le altre erano vuote.

Migliaia di italiani si sono ritrovati in mano una patacca. Una carta azzurra, di plastica, con il retro magnetico, il numero, il logo giallo e rosso della Mastercard. Belle, eccome. E di valore: si stima costi almeno 50 centesimi l'una, più 1 euro per la ricarica bimestrale, più il 2 per cento per le spese del circuito bancario. Uno scherzetto da 8 milioni e 500mila di euro, a pieno regime. Una lotteria per il mezzo milione di italiani che, soltanto alla cassa e davanti al commesso, saprà se la sua carta annonaria è buona oppure è uno scherzo del destino, se può permettere di fare la spese oppure di annunciare la propria povertà a tutti.

Duecentomila tessere vagano scoperte di tasca in tasca, sospese o respinte. Duecentomila italiani, forse di più, le possiedono senza poterle utilizzare. Alcuni (pochi) lo sanno. Altri, molti altri, che non sanno, vanno incontro alla sciagura.

Ci vuole del metodo per ideare una così lunga e inutile fatica. Prima fila: farsi certificare la povertà, la disgrazia assoluta. Seimila euro all'anno. In fila, naturalmente per vedersi attestata dal patronato la sospirata povertà. Poi l'Inps, le Poste, sempre in fila, sempre allo stesso modo. Infine, coraggio, andare al supermercato ed esibirla questa maledetta povertà. E poi, duecentomila volte finora, vederla svergognata: "La tessera non è carica". Ma ha letto bene?

Per la social card un poveretto di Catania è ricoverato (coma farmacologico) in ospedale a seguito di furiosa lite, recita un dispaccio dell'Ansa del 3 gennaio scorso, generata "dalla discussione per l'ottenimento della social card". Giovanni Spatola, imbianchino di 47 anni, si è costituito ai carabinieri confessando di aver fracassato il cranio del conoscente con una chiave inglese. Chi dei due doveva ottenere la social card? A Verona boom di ritiri. Il dato, riferisce la direzione delle Poste, è connesso alla presenza nel luogo di molti istituti religiosi. Trecento tra suore e frati si sono presentati all'incasso. Nullatenenti. Perciò potevano. A Castelletto di Brenzone, minuscolo villaggio sul lago di Garda, ne sono state elargite più di cinquanta. Come mai? Lì ha sede l'istituto delle piccole suore della Sacra Famiglia. Amen.

"Disagi e umiliazioni di ogni genere. Accreditategli questi benedetti quaranta euro sulle pensioni, così risparmierete dei soldi anche voi", ha consigliato Pierluigi Bersani ieri alla Camera al ministro dell'Economia. "E' la truffa del secolo, un flop, il più grande bluff tremontiano", dice Franco Laratta, il deputato calabrese del Partito democratico mentre raccoglie le firme per un'interpellanza urgente sulla precoce agonia di questa tesserina azzurrissima, molto patriottica con quel fascio tricolore.


http://oknotizie.virgilio.it/

La “Social Card” italiana è un bidone

Pubblicato venerdì 16 gennaio 2009 in USA

[International Herald Tribune]

Roma - Un’iniziativa del governo italiano, tesa ad attenuare la morsa della crisi finanziaria sugli anziani e le famiglie in difficoltà con bambini piccoli, è sotto accusa per la sua inadeguatezza a fronteggiare la crescente povertà.

La cosiddetta “social card”, una carta ricaricabile del valore di 40 euro (circa 52 dollari), può essere usata per deferire i pagamenti di generi alimentari e di bollette, ma i suoi detrattori affermano che richiede calcoli complicati, ha un impatto minimo per via dell’aumento dei prezzi e comporta un “marchio” sociale.

I critici si chiedono anche se la carta sia il modo più efficace per affrontare le crescenti difficoltà finanziarie in Italia. La banca d’Italia giovedì ha comunicato cifre tetre che evidenziano un’economia in piena recessione e prevedono per il 2009 un crollo del PIL del 2%.

Fino ad ora, circa 424.000 persone hanno ricevuto una social card, più o meno un terzo rispetto al numero degli aventi diritto annunciato dal Ministro dell’Economia Giulio Tremonti quando presentò l’iniziativa due mesi fa. A novembre, l’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), comunicò che 7.5 milioni di italiani – il 12.8 per cento della popolazione – vivevano in povertà.

“La famosa carta si è rivelata essere ciò che avevamo predetto: un’iniziativa sbagliata, un fallimento” ha detto venerdì in un comunicato Michele Mangano, presidente nazionale dell’AUSER, un’organizzazione italiana per i servizi sociali. La carta, che gira su circuito Mastercard, “non è il modo di fronteggiare l’impatto che la crisi economica sta avendo sui cittadini più bisognosi”.

I criteri per averne diritto sono severi. Il proprietario deve avere più di 65 anni o avere un bambino sotto i tre anni di età, e avere un reddito annuale sotto i 6.000 euro l’anno (8.000 euro per gliover 70). Ci sono anche restrizioni riguardanti casa e auto di proprietà e risparmi in banca.

La carta è automaticamente rilasciata a chi la richiede, ma i 40 euro sono accreditati solo quando i criteri di idoneità sono stati verificati. Ciò ha creato innumerevoli situazioni imbarazzanti alle casse dei supermercati, quando alcune persone anziane si sono sentite dire che sulla carta non c’era credito. Da quando è stata resa disponibile a dicembre, quasi 150.000 persone che hanno richiesto la carta sono state respinte perché non idonee.

“Non ero venuta a chiedere la carità, è stato umiliante” ha detto Lussy Mazmanian, un’anziana donna che piange sommessamente mentre spiega di essere stata respinta in un supermercato mentre cercava di pagare con una carta senza credito. La signoraMazmanian, che riceve una pensione mensile di 445 euro, ha raccontato la sua storia la scorsa settimana a “Mi manda Rai Tre”, un programma televisivo in onda sulla TV nazionale RAI. Un altro ospite, Diego Inferrero, che riceve una pensione di 470 euro, si è sentito dire che non era idoneo perché il suo reddito annuale arriva a 6.100 euro.

La carta è una delle numerose misure anti-crisi attuate dal Parlamento. Questa settimana la Camera ha approvato un ampio pacchetto le cui misure, ora sotto esame al Senato, comprendono un bonus una tantum da 200 euro a 1.000 euro per famiglie a basso reddito e anziani, pannolini e latte gratis per i bambini (se i genitori hanno diritto allasocial card), e supporto finanziario per chi stenta a pagare affitti o mutui.

In Italia, “ai poveri viene dato così poco che qualunque cosa dia il Governo va bene” ha affermato Massimo Baldini, professore di Economia all’Università di Modena, che ha aggiunto, comunque, che introdurre un salario minimo o aumentare l’importo delle pensioni minime avrebbe potuto avere un impatto più significativo.

Paolo Conti, dell’Associazione Cattolica Lavoratori Italiani, ha affermato “quella elettronica potrebbe non essere necessariamente la soluzione migliore”, poiché i cittadini italiani anziani, che solitamente fa acquisti al mercato o dal fruttivendolo, non necessariamente si servono del circuitoMastercard.



http://www.newsfood.com/
Social Card: ne hanno diritto anche suore e frati!


Allora i pensionati italiani chiedano un sussidio al Vaticano

© CODACONS.it - 26/01/2009
Numerose le segnalazioni dei cittadini i quali, in fila alla Posta per ritirare la social card, hanno notato come in coda per ottenere il rilascio della carta voluta dal Governo, vi fossero anche suore e frati.

Anche i religiosi infatti – spiega il Codacons – se risultano nullatenenti, possono chiedere ed ottenere la social card.

''A questo punto ci chiediamo: se suore e frati hanno diritto alla social card, perché i pensionati italiani non possono ottenere un sussidio dallo Stato Vaticano, considerando che la Chiesa incamera parecchi soldi con l'8 per mille e con le offerte ai parroci? – si domanda ironicamente il Presidente Codacons, Carlo Rienzi – Sarebbe più giusto un trattamento equo e bilaterale, così da accontentare tutti e non commettere ingiuste discriminazioni. Chiediamo quindi al Vaticano di elargire 40 euro mensili a ciascun pensionato italiano con reddito minimo''.

1 commento:

  1. ciao, ti segnalo questa iniziativa:
    http://blog.libero.it/KudaBlog/6668843.html
    in sostanza si tratta di provare, per una volta, di giocare in proposta rispetto al governo con delle idee chiare su come migliorare la situazione ambientale del nostro paese. Vorrei che gli dessi un'occhiata, e se ti sembrano interessanti, che ci dessi una mano nella diffusione,
    ciao

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